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Michela Vittoria Brambilla ministro per l'Ambiente?

Come ho già anticipato su Ecoblog sembra definitivamente fatta per Michela Vittoria Brambilla che conquista il Ministero per l'ambiente. La delfina di Silvio Berlusconi diviene l'alfiere e la torre in difesa delle innovazioni ambientali e infrastrutturali che il III Governo del Cavaliere intende portare avanti per i prossimi cinque anni.
L'accordo tra Bossi e Berlusconi concluso nelle scorse ore e che ha portato il "senatùr" a svelare le nomine riservate alla Lega , con lo stesso Bossi alle Riforme, Luca Zaia (ex vicepresidente Regione Veneto) al discastero dell'Agricoltura e Politiche forestali , dell'On. Maroni al Ministero degli Interni e dell'On. Calderoli a vicepremier, che sia lo stesso Cavaliere a gestire il resto della lista. Michela Vittoria Brambilla sarà Ministro dell'Ambiente, mentre alle infrastrutture e trasporti Altero Matteoli detto "cuore di cemento".
Con la Brambilla si chiuderebbe il cerchio, in quanto tutti i tasselli necessari al Governo Berlusconi per varare i piani nel suo programma relativo alle riforme ambientali, infrastrutturali e trasporti potrebbe essere compiuto. Innanzitutto, come ha sempre dichiarato il Cavaliere riprendere il progetto Ponte sullo stretto e Tav.
Insomma, i remi in barca sono stati tirati in favore di Michela, che più volte ha sottolineato quanto lei possa essere la dimostrazione che il Cavaliere le donne non le vede solo in orizzontale ma anche dietro una scrivania.

Foto MichelaVittoriaBrambilla

Fotovoltaico, in Puglia un premio da 50mila euro

La produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici in Puglia è di 0,4 GWh, corrispondente al 10% della produzione nazionale, il che ne fa la terza regione per produzione da questa fonte, dopo Campania e Abruzzo (dati 2005, ENEA e Terna). Ma esistono importanti margini di crescita per la produzione di energia solare in Puglia nei prossimi anni, che trova il proprio utilizzo principale nell’edilizia residenziale e nell’industria.

Per promuovere la riqualificazione ecocompatibile del patrimonio edilizio della regione, l’ARTI, Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione, su incarico dell’Assessorato all’Assetto del Territorio della Regione Puglia ed in collaborazione con gli Assessorati all’Ecologia e allo Sviluppo Economico, ha indetto un concorso internazionale di idee per l’integrazione dei sistemi solari attivi e passivi nel recupero degli edifici e dei quartieri residenziali della Puglia.

L’iniziativa presentata oggi a Bari dal presidente dell’Agenzia, Gianfranco Viesti, e dall’assessore regionale all’Assetto del Territorio, Angela Barbanente è un segnale importante della sensibilità dell’amministrazione regionale non solo per i temi del recupero e della razionalizzazione edilizia, ma anche e soprattutto per quelli dello sviluppo della filiera energetica delle fonti rinnovabili. Il senso della competizione è proprio questo: porre la tecnologia al servizio dello sviluppo territoriale, per promuovere un nuovo modo di progettare architetture e spazi di vita urbani.

“Il concorso di idee”, dichiara l’Assessore Barbanente, “è in linea con un intervento normativo recentemente approvato dalla Giunta Regionale, il disegno di legge per l’abitare sostenibile, il cui obiettivo è quello di fornire incentivi a supporto dei soggetti che realizzano edilizia sostenibile. Tale orientamento a favore della sostenibilità ambientale è testimonianza della volontà della Regione Puglia di investire sulla riqualificazione del patrimonio edilizio e del paesaggio urbano, nonché sulla sensibilizzazione a favore del risparmio energetico e della tecnologia al servizio di una migliore qualità della vita”.

Come evidenziato nel bando, l’idea di fondo del concorso è quella di integrare nei progetti di recupero edilizio tecnologie di utilizzazione dell’energia solare, quali elementi centrali dei progetti stessi. In questo, la competizione internazionale interpreta perfettamente lo spirito tanto del trattato di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas serra, quanto della Convenzione Europea del Paesaggio e del Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici (Codice Urbani), che hanno come oggetto di attenzione non solamente i paesaggi di rilevanza storica e culturale, ma anche i paesaggi ordinari, al fine di renderli più consoni alle esigenze di vita delle popolazioni.

Il concorso prevede, dunque, la formulazione di proposte progettuali per la riqualificazione degli edifici e dei quartieri residenziali della Regione Puglia, sorti dal secondo dopoguerra in poi, attraverso una corretta integrazione architettonica e paesaggistica dei sistemi solari attivi (pannelli solari termici, pannelli solari fotovoltaici, collettori a concentrazione, etc…) e passivi (logge termiche, serre addossate, pareti solari, etc…) e di sistemi per il raffrescamento/climatizzazione naturale attivi e passivi; le proposte riguarderanno gli ambiti urbani e le tipologie edilizie residenziali (case a torre, case in linea, case a schiera, …) e di servizio alla residenza più diffuse in tali ambiti.

L'area geografica di intervento è il territorio della Regione Puglia, ma le proposte progettuali dovranno contraddistinguersi per un più ampio carattere di replicabilità nel contesto mediterraneo.

E’ auspicata la partecipazione di gruppi interprofessionali, che potranno scegliere di lavorare su un quartiere residenziale esistente o di realizzare un progetto adattabile a varie soluzioni. Nella valutazione dei progetti, da parte di una commissione di esperti che verrà nominata nei prossimi mesi, verranno presi in considerazione i seguenti parametri: integrazione paesaggistica; integrazione tipo-morfologica; replicabilità; prestazioni energetiche.

Verranno valutati con maggiore punteggio i gruppi aventi la più ampia diversificazione ed integrazione disciplinare e quelli in cui siano inseriti giovani professionisti – iscritti ai rispettivi albi da meno di cinque anni - che svolgano nel gruppo un incarico ed un ruolo rilevante.

Il termine ultimo per la presentazione delle domande e dei progetti scade alle ore 12,00 del 30 maggio 2008. La Commissione nominerà un vincitore e individuerà due ulteriori progetti meritevoli di menzione. Al progetto vincitore sarà assegnato un premio di 50mila euro. La Regione Puglia si riserva la facoltà di affidare al vincitore del concorso la realizzazione dei successivi livelli di progettazione. Alle altre due proposte meritevoli di menzione sarà riconosciuto un premio di 10mila euro ciascuna. I nominativi delle proposte progettuali segnalate dalla Commissione saranno segnalati ad Ordini Professionali ed alle Università pugliesi, nonché alla Regione Puglia.

Per la natura internazionale della competizione, la campagna di promozione del concorso si avvarrà di uscite pubblicitarie sulle principali riviste specializzate e di settore italiane e straniere.

Il superparassita del cotone resiste agli OGM

Tanto tuonò che piovve. Anzi, nacque. E precisamente sulle piante di cotone OGM in Missisipi. Ora uno studio, pubblicato su Nature Biotechnology, dimostra che un parassita del cotone, il lepidottero Helicoverpa Zea, ha sviluppato la resistenza alle piante che sono state geneticamente modificate per uccidere gli insetti della sua specie. I più saggi lo avevano prospettato, ma si sa che a gridare "al lupo al lupo" nessuno poi ci crede.
Ora per arginarlo è necessario fare maggior ricorso ad antiparassitari per sconfiggerlo. Sorte che potrebbe toccare presto anche ad altre colture, continuando ad arricchire le aziende biotech a svantaggio dell'ambiente.
Il superparassita, in pratica, ha sviluppato una resistenza alla tossina Bt, contenuta nelle piante OGM di solito, nella sua versione sintetica. La tossina Bt è presente in natura, ed è impiegata da anni e con successo nell'agricoltura biologica e sostenibile. La possibilità che i parassiti sviluppino resistenza agli effetti del Bt, è dovuta al fatto che la costante esposizione alle tossine favorisce la sopravvivenza di insetti nocivi che sviluppano immunità genetica . La variante sintetica di questa tossina, rispetto a quella naturale, è molto meno selettiva ed è quindi tossica non solo per gli insetti target, ma anche per molte altre specie.
Nella sua forma naturale, il Bt e' stato utilizzato fin dagli anni '50, nell'agricoltura biologica e sostenibile per eliminare insetti nocivi, senza danneggiare insetti non-target o altre forme di vita. Le tossine Bt prodotte da colture resistenti agli insetti (fra le quali il mais OGM della Monsanto), hanno invece dimostrato di essere molto nocive per altri utili insetti predatori.

Agricoltura di precisione, e il contadino diventa hi-tech

Nel futuro dell’agricoltura c’è sempre più tecnologia. L’agricoltura di precisione, lentamente, ma senza perdere il passo, conquista sempre più imprese agricole professionali, a partire dal mondo dei contoterzisti. Grazie ad una «elevata concentrazione di micro-chip» applicati alle macchine agricole.
Quello che sembrava fantascienza è diventata realtà: la guida assistita satellitare interamente automatica, al punto che ormai il trattore potrebbe anche viaggiare da solo, senza alcun bisogno del contributo dell’operatore. Insomma, la macchina potrebbe sostituire l’uomo. Con una precisione di manovra che si aggira intorno ai 50 centimetri, ma che con le tecnologie più evolute migliora i parametri di posizionamento fino a 10 centimetri o addirittura 2, se accanto al kit collocato sulle macchine operatrici se ne utilizza a supporto uno anche a terra (questo è il sistema «Hi Tech Pro» proposto dall’azienda americana John Deere).
Questa evoluzione nella meccanica agricola incontra sempre maggiore interesse da parte degli addetti ai lavori, che in questi giorni a Fieragricola (in programma a Veronafiere fino a domenica 10 febbraio) possono scoprire molte novità nel Salone della «Precision farming», collocato nel padiglione 6 e supportato da un’area dinamica di 20mila metri quadrati.
La conferma di questo interesse per tecnologie che offrono, oltre appunto alla precisione nelle operazioni con le macchine agricole, la possibilità di migliorare le produzioni e ridurre i costi di intervento (soluzione particolarmente apprezzata dalle aziende, quest’ultima) è confermata dalle stesse aziende leader nel mercato della «Precision farming».
Il 2007 ha visto un incremento nelle vendite dei kit che interagiscono con satellite e computer.
E le aree italiane dove le nuove tecnologie sono più richieste sono il Piemonte e il Veneto (in modo particolare le province di Vercelli e Verona, per la coltura del riso) e l’Emilia Romagna. Così confermano aziende leader nell’agricoltura di precisione, come John Deere e New Holland (pronta a lanciare sul mercato di Francia e Olanda un sistema denominato «Intelli-Steer», ovvero «Sterzo intelligente», integrato con una centralina direttamente al piantone).
«Il 2008 registrerà un ulteriore incremento nelle vendite – assicura Federico Bellotto, responsabile Sales & marketing ricambi per l’Italia di Cnh (Case New Holland) - con previsioni di vendita che arrivano anche al 30-35 per cento in Italia e di un 20-25 per cento in Europa». A valore questi nuovi mezzi dovrebbero portare un incremento delle entrate per il segmento aziendale del 50 per cento circa, raggiungendo una distribuzione complessiva fra Italia ed estero di circa 900 kit di precisione.
Le nuove frontiere dell’agricoltura di precisione, comunque, possono spingersi anche per risolvere i vincoli imposti dalla Direttiva nitrati, che impone nelle «Zone vulnerabili ai nitrati» un carico massimo di azoto per ettaro/anno di massimo 170 chilogrammi. «La mappatura del terreno, effettuata grazie al satellite – suggerisce Francesco Zerbinati, area marketing di New Holland – consente di distribuire e tracciare senza margine di errore la quantità di azoto distribuita sul campo».

Api, perso in Italia il 50% degli alveari


Il fenomeno da spopolamento degli alveari è definito CCD (Colony Collapse Disorder) e rappresenta uno dei misteri più sconvolgenti per la tutela della catena alimentare e delle biodiversità, e per la stessa sussistenza della flora. Il CCD causa una moria di api che, solo nel 2007, avrebbe portato a perdere tra il 30 e il 50% di tutto il patrimonio apistico nazionale ed europeo, con punte che raggiungono anche il 60-70% in alcune aree degli Stati Uniti d’America.

L’insufficiente impollinazione delle piante, può portare a una forte riduzione del raccolto. In
Italia è stato calcolato che l’apporto economico dell’attività delle api al comparto agricolo è di circa 1600 milioni di euro l’anno (pari a 1240 euro per alveare). Considerato che nel 2007 sono stati perduti circa 200mila alveari, si evince che la perdita economica per mancata impollinazione si è aggirata sui 250 milioni di euro. Il problema è maggiormente sentito nel Nord del Paese, dove si sono persi fino alla metà degli alveari; danni pesanti anche al Centro, mentre le cose sembrano andare meglio nel Mezzogiorno.
Tra le ragioni dell’alto tasso di mortalità fra le api, ci sono sicuramente le condizioni igienicosanitarie degli alveari, i cambiamenti climatici e di conseguenza la disponibilità e qualità del pascolo e dell’acqua, l’insalubrità del territorio. Non esiste quindi un’unica causa scatenante, anche se gli esperti sono concordi nell’attribuire forti responsabilità all’inquinamento da fitofarmaci, a quello elettromagnetico e a una recrudescenza delle virosi (infezioni da virus) e della varroa, malattia causata da un acaro che attacca sia la covata che l’ape adulta. Da non sottovalutare il ruolo del clima, perché un suo andamento irregolare può interrompere il flusso normale di nutrienti che sono necessari alle api per la loro crescita e sviluppo, indebolendo le difese dell’alveare; occorre quindi essere pronti ad intervenire con idonee integrazioni alimentari che sostituiscano il nettare e il polline raccolti dalle api.

Greenpeace chiede che l'agricoltura diventi più rispettosa dell'ambiente


Una nota dolente del rapporto agricoltura/ambiente è che la prima risulta essere parecchio inquinante, tanto da essere considerata una delle magigori fonti di emissione di gas serra. Lo evidenzia il rapporto di Greenpeace “Cool farming: Climate impacts of agriculture and mitigation potential”, che sottolinea quanto sia imminente la necessità di modificare le attività agricole se vogliono davvero dare un contributo chiave a contrastare il cambiamento climatico).
Secondo il rapporto di Greenpeace «Il contributo totale del settore agricolo globale al cambiamento climatico, compresa la deforestazione per i terreni agricoli ed altri cambiamenti nella destinazione dei suoli, è stimata essere tra gli 8,5 e i 16,5 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio equivalente o tra il 17 e il 32% di tutti i gas serra di origine umana». Il maggior responsabile è l’uso eccessivo di fertilizzanti che producono 2,11 miliardi delle tonnellate di CO2 emesse annualmente dal settore agricolo mondiale. L’eccesso di concimi ha come risultato anche l’emissioni di protossido di azoto (N2O), che ha un impatto sul cambiamento climatico circa 300 volte più forte di quello della CO2. Il rapporto non evidenzia solo lo stato ma fornisce anche delle soluzioni: gli agricoltori devono essere incoraggiati ad usare meno concimi e con più precisione, e deve essere data loro assistenza per convertirsi ad un sistema di allevamento moderno ed ecologico; protezione del suolo; miglioramento della produzione di riso; forte diminuzione della domanda di carne, in particolare nei Paesi sviluppati che con i loro alti livelli di consumo contribuiscono non poco alle disfunzioni ed agli impatti ambientali dell’agricoltura intensiva.