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L'Arti a Mediterre per discutere sulle energie rinnovabili

Si tiene fino all'11 maggio presso la Fiera del Levante di Bari, l’ARTI partecipa a Mediterre, Fiera dei parchi del Mediterraneo, presentando gli studi realizzati sulla filiera dell’energia.

L’ARTI, infatti, ha recentemente pubblicato, nell’ambito del progetto Osservatorio permanente dell’Innovazione, due rapporti riguardanti le energie rinnovabili: “
Energie rinnovabili ed efficienza energetica: un quadro d'insieme”, che ha come obiettivo quello di contestualizzare il quadro energetico e tecnologico della Puglia, in relazione a ciò che accade a livello internazionale, e “Le Energie rinnovabili in Puglia. Strategie, competenze, progetti”, che illustra alcune opzioni tecnologiche nel settore delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, che risultano appropriate per il territorio pugliese.

Mediterre è occasione di incontro, confronto e scambio di esperienze tra autorità nazionali e locali, enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali, istituzioni scientifiche e di ricerca, imprese e associazioni che operano nella conservazione della natura del bacino del Mediterraneo; per queste sue caratteristiche, la manifestazione si presta a divenire la cornice ideale anche per una nuova iniziativa dell’ARTI, che intende promuovere la partecipazione pugliese ai Programmi Quadro comunitari in tema di ambiente.

L’8 maggio, infatti, l’Agenzia organizza una giornata informativa di presentazione e discussione delle opportunità che sono disponibili a livello europeo in tema di ricerca e innovazione sull’ambiente, con riferimento al 7° Programma Quadro di ricerca europeo (7°PQ) - con l’intervento di Antonio Speranza, rappresentante nazionale nel comitato di programma 7°PQ/Ambiente- e al Programma Quadro per la Competitività e l’Innovazione (CIP), con la presentazione dell’azione Eco-innovation da parte di Paola Materia, in rappresentanza dell’APRE, punto di contatto nazionale del CIP.

Ecopoint Crai, apre anche in Campania. Il primo è a Melito

Apre il primo EcoPoint Crai della Campania, a Melito, in provincia di Napoli. EcoPoint, vale a dire l'acquisto self service che permette ai consumatori di acquistare solo la quantità desiderata di prodotto, utilizzando sacchetti compostabili e biodegradabili .
Il risparmio per il consumatore - tra il 20% ed il 70% rispetto ai prodotti confezionati - che non è costretto a pagare per una confezione che in proporzione molto spesso costa più del suo stesso contenuto;la riduzione dell’impatto ambientale generato oggi in Italia da 12,5 Tonnellate di imballaggi destinate in gran parte a trasformarsi in rifiuti.



Dopo questa prima apertura di fine marzo, il Gruppo Nocera prevede di aprire altri 20 pdv entro il prossimo anno. Infatti, sulla base dell’esperienza finora realizzata dagli altri 12 EcoPoint aperti in tutta Italia, in un anno possono essere risparmiate oltre 750.000 tonnellate di confezioni in anno. Quindi, il pdv di Melito dovrebbe garantire un risparmio di 60.000 tonnellate, cifra destinata ad aumentare a circa 1,2 milioni di tonnellate, quando saranno attivi tutti i 20 pdv previsti in apertura nei prossimi 12 mesi. Entro il prossimo mese di aprile, sarà attivo un nuovo Cedi di 10.000 mq coperti a Cerreto (Ce).

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Cala il consumo del vino

Calano i consumi di pane e pasta. Ma calano i consumi anche del vino, passati dai 55 litri pro capite del 2000 ai 46 litri del 2006. La flessione è stata fortunatamente compensata almeno in parte, da un incremento del vino esportato, specie di alta qualità e destinato al mercato britannico e statunitense, nonostante il cambio euro/dollaro sfavorevole.

E' quanto ha sottolineato, oggi a Bologna, il presidente del settore vitivinicolo di Federagri/Confcooperative E.Romagna, nel corso del convegno sul tema "Nuova Ocm: quali opportunità per il settore vitivinicolo". Per Confcooprative, la riforma dell'Organizzazione Comune di Mercato Vitivinicola recentemente approvata dalla Commissione Europea risulta poco coerente e scarsamente condivisibile. Particolarmente negativo il giudizio di Guerra sulla reintroduzione dell'utilizzo di saccarosio per l'arricchimento dei vini.

"Altri aspetti decisamente contradditori della riforma - ha proseguito Guerra - riguardano la qualita' e l'etichettatura. A questo proposito, la riforma non introduce una norma chiara sull'indicazione in etichetta della pratica dello zuccheraggio, mentre sancisce la possibilità di indicare il vitigno e l'anno per i vini da tavola comuni. ". Sull'andamento dei consumi si è soffermato anche il prof. Gabriele Canali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e dell'Alta Scuola in Economia Agroalimentare di Cremona, che ha ricordato come la domanda sia in diminuzione nei paesi tradizionali consumatori, mentre è in aumento nei paesi nuovi consumatori. Paesi, europei e non, che grazie al progressivo incremento delle disponibilità economiche secondo Canali offrono buone opportunità per i vini italiani ".


Fonte Agi

Spesa a Km zero, nasce a Roma la prima rete

E' Roma la città in cui nasce la prima rete di produttori "spesa a km zero", cioè prodotti del territorio che non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere in tavola.

''Arriva uno strumento di lotta contro il caro prezzi, che contemporaneamente tiene bassi i livelli di inquinamento atmosferico'' ha detto il presidente di Coldiretti Roma Massimo Gargano a Ariccia, alla presentazione del progetto che mira a rendere riconoscibili i prodotti a Km zero, ma anche i locali che li utilizzano. ''Scegliendo e consumando prodotti stagionali e locali - ha aggiunto Gargano - si possono risparmiare i costi del trasporto e della logistica che arrivano ad incidere fino a un terzo per frutta e verdura ed in media assorbono un quarto del fatturato delle imprese agroalimentari. Per avvicinare i consumatori nelle citta' di residenza gli imprenditori agricoli stanno avviando inoltre i farmer's market.''La promozione della vendita diretta degli agricoltori - stima il direttore dell'organizzazione agricola Toni De Amicis, sulla base delle esperienze di altri Paesi - potrebbe raggiungere fino al 15% del mercato alimentare.


FonteAnsa

Cala il prezzo del grano e i mercati tirano un respiro di sollievo

Finalmente un po' di ossigeno per i consumatori: cala il prezzo del grano dell'8 % e scende sotto i 0,27 euro al chilo al Chicago Board of Trade, che rappresenta il punto di riferimento del commercio internazionale delle materie prime agricole. Il prezzo per per bushel (pari a 27,2 chili) era salito alla fine di febbraio a 10,86 dollari alla chiusura della settimana per i future con consegna a maggio. Le speculazioni sono state sostenutedalla notizia che le scorte di grano statunitensi hanno raggiunto il livello minimo degli ultimi 50 anni e dalle informazioni sugli effetti negativi del maltempo sulle potenzialità produttive in diverse parti del mondo, dal Canada all'Argentina fino all'India mentre si registra una richiesta senza precedenti di prodotti agricoli da parte di Paesi in rapido sviluppo come Cina ed India.


Peraltro il prezzo di pane al consumo dipende - spiega la Coldiretti - solo in minima parte da quello del grano, che incide appena per il 10 per cento sul valore finale di vendita e dunque nella forbice dei prezzi dal grano al pane c'è abbastanza spazio per recuperare diseconomie e garantire una adeguata remunerazione agli agricoltori e a tutte le componenti della filiera senza aggravare i bilanci delle famiglie con conseguenze negative per i consumi con gli acquisti familiari che sono calati del 7 % per il pane.

Pasta e pane, per la Cia gli aumenti non sono giustificati

La corsa al rialzo dei listini dei cereali registrata alla Borsa di Chicago può provocare nuovi aumenti per i prezzi di pasta e pane. E’, però, necessario evitare ogni manovra speculativa e rincari artificiosi. E’ quanto sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori in merito alle notizie che giungono dai mercati internazionali.
Da qui l’esigenza di verifiche attente e di controlli rigorosi -evidenzia la Cia- proprio per contrastare azioni che innestino incrementi anomali dei prezzi al consumo. D’altra parte, già nei mesi scorsi, i listini di pane e pasta sono lievitati in maniera abnorme e non certo rispondente agli aumenti registrati all’origine.
I rialzi internazionali, tuttavia, sembrano alimentati più da speculazioni che da elementi congiunturali. Ecco perché -avverte la Cia- occorre stare attenti, arginando una sorveglianza adeguata sui prezzi.
La Cia ricorda, comunque, che è possibile contrastare gli aumenti dei cereali con la maggiore produzione nazionale, grazie alla riduzione del set-aside che ci permette di incrementare del 20 per cento le coltivazioni di grano duro e, quindi, di garantire alla filiera una maggiore offerta. Il che può tradursi in un effetto calmieratore.

Agricoltura, un 2007 da dimenticare

Confesso che sono esterefatta. Come al solito in Italia, non si capice mai dove sta la verità. Qualche giorno fa Paolo De castro il nostro ministro per le politiche agricole, pur ammettendo che i consumi interni erano in calo si diceva non solo fiducioso ma pronto a puntare su un 2008 stellare.
Il 2007, invece, secondo i dati diffusi da CIA (confederazione italiana agricoltori) è stato "stallare". Nel senso di fermo, in stallo. La produzione registra una diminuzione dello 0,5 per cento, il valore aggiunto una flessione dello 0,6 per cento, i redditi degli agricoltori un taglio dello 0,9 per cento, mentre i costi di produzione salgono fino al 6,1 per cento.
I prezzi all’origine subiscono, invece, forti e repentine oscillazioni che creano evidenti squilibri, anche se si ha un aumento in media tra il 5 e l’8 per cento che è, comunque, nettamente inferiore al trend al rialzo dei listini al dettaglio dei prodotti alimentari, in particolare quelli di alcuni generi di prima necessità come pane, pasta e latte.
Gli investimenti, dal canto loro, mettono a segno una lieve risalita dello 0,6 per cento. Restano, al contrario, in flessione i consumi agroalimentari (meno 1,9-2 per cento), proprio a causa dei vertiginosi e ingiustificati rincari.
In picchiata anche l’occupazione con un meno 4,2 per cento che si contrappone alla crescita del 3,6 per cento del 2006.
Per quanto riguarda, invece, il comparto vino, la raccolta 2007, al primato delle precocità rispetto ai normali calendari, aggiunge anche quello delle basse rese quantitative praticamente in tutte le regioni; si hanno, quindi, volumi in forte calo rispetto ai livelli del 2006 (meno 12 per cento). Anche la campagna olearia 2007/2008 si preannuncia piuttosto scarsa, in flessione del 17 per cento. L’estate calda e la prolungata mancanza di precipitazioni hanno proiettato il settore oleicolo italiano verso una delle raccolte più scarse degli ultimi 10 anni.

I conti dell’agricoltura nel 2007
(var % sul 2006)

Produzione -0,5%
Valore aggiunto -0,6%
Costi delle imprese +6,1%
Prezzi +7,4%
Redditi dei produttori -0,9%
Investimenti +0,6%
Consumi agroalimentari -1/2%
Occupazione -4,2%

Gli italiani e la spesa, basta con il marchio.Meglio i prodotti bio


I salari sono sempre gli stessi dal 2000 e gli italiani cambiano i prodotti e il modo di fare la spesa. L'equazione non fa una grinza, perchè a fine mese si deve pur arrivare. Eurispes pubblica uno studio secondo cui emerge che: il marchio non interessa più, tanto che il 65,2% degli italiani è disposto a cambiare marca di un prodotto alimentare se più conveniente e circa il 54,8% ha dichiarato, nell’ultimo anno, di aver cercato punti vendita più economici per l’acquisto di prodotti alimentari. Il risparmio è un trend in ascesa nelle Isole (72,4%), ma la percentuale è alta anche al Nord-Est (67,8%) e al Sud (56,8%). Vince l'har discount e la catena più visitata per la spesa è Lidl.

Si incrementa, anche , l’acquisto dei prodotti biologici e dei prodotti di qualità Doc, Dop, Bio o Ogm Free. In forte calo la vendita degli alimenti tipici della cucina del nostro Paese come il pane (-7%), la pasta di semola (-4,3%) ma anche il vino (-8,4%) e l’olio di semi (5,9%). Al contrario, la quantità di prodotti alimentari come uova (+5,3%) e pollo (+6,2%) è aumentata nei carrelli della spesa degli italiani. Diminuisce anche la spesa per il pasto fuori casa .

La stragrande maggioranza dei consumatori italiani ha dichiarato, infatti, di aver ridotto molto o abbastanza (62,9%) le spese per i pasti fuori casa; questo anche in seguito al fatto che ben il 79,1% ha percepito un aumento dei prezzi proprio sui pasti e le consumazioni fuori casa.Sono soprattutto i residenti delle Isole ad aver ridotto i pasti fuori casa (abbastanza 68,8%), seguiti dai residenti nel Nord-Est (68,8%), del Sud (66,6), e del Centro (64,4%).

Food and Drug administration, sì negli USA alla carne e al latte di animali clonati



Sono seriamente preoccupata. Ho fatto un giro sul sito della FDA - U.S. Food and drug administration - e per poco non mi è preso un colpo. E' on line il: " Documento sulla sicurezza della carne e del latte degli animali clonati". In poche parole negli Stati Uniti, con modalità da decidere si darà il via libera alla vendita di carne e dei suoi derivati, bovina, suina e caprina di animali clonati. Nel documento si dice testualmente: "Dopo anni di studio e di analisi dettagliate, la Food and Drug Administration ha concluso che la carne e il latte da cloni di bovini, suini e caprini, e la progenie di cloni da qualsiasi specie tradizionalmente consumata come cibo, sono sicuri come cibo da mangiare come gli animali allevati convenzionalmente. " E continua con: "L'agenzia, non richiede etichettatura o qualsiasi altra misura supplementare per i prodotti alimentari di bovini, suini, caprini e cloni, perché gli alimenti derivati da queste fonti non sono differente dagli alimenti derivati da animali allevati convenzionalmente. Se un produttore desidera esprimere l'etichettatura, essa è volontaria (ad esempio, "questo prodotto è clone-free"), e saranno valutate caso per caso, per garantire la conformità con i requisiti di etichettatura che devono essere veritieri e non fuorvianti".
Ma la FDA fa capire che però non è il caso di andare oltre (?): "Poichè i cloni sarebbero utilizzati per la riproduzione, e non dovrebbero entrare nella catena alimentare in numero significativo. Invece, la loro prole sarebbe utilizzata per la produzione di carne e latte per il mercato. Al momento, l'agenzia continua a raccomandare che i prodotti alimentari derivati da cloni di specie diverse da bovini, suini e caprini (ad esempio, pecora) non siano introdotti nel cibo".
Ditemi cosa mangiamo di americano in Italia. Ditemi se nei Mac Donald's la carne arriva dall'America. Mappiamo i consumi e vietiamo il loro ingresso in Italia.
AGGIORNAMENTO
Dal sito dell'United States Departement of Agricolture: "USDA sostiene pienamente d'accordo con la FDA e la valutazione finale che la carne e il latte di bovini, suini e caprini clonati non pongono problemi di sicurezza, e questi prodotti non sono diversi da quelli alimentari derivati da animali allevati tradizionalmente. Ora che la FDA ha valutato i dati scientifici e pubblica i suoi commenti e rilasciato UNA valutazione finale del rischio, USDA si unirà con fornitori di tecnologia, i produttori, i trasformatori, i rivenditori e clienti nazionali e internazionali per facilitare la commercializzazione delle carni e del latte da cloni, lavorando in stretta collaborazione con le parti interessate per garantire una corretto transizione verso il mercato per questi prodotti".
In America ci sono ufficialmente 570 capi di bovini clonati da tre grandi multinazionali: Cyagra, ViaGen Inc. , TransOva che aspettano il 2012 per vendere liberamente questi Le multinazionali non sono opere di beneficenza e brevettando la clonazione animale si ripagheranno ampiamente delle spese di ricerca, con futuri lauti guadagni avendone l'esclusività nel mondo.

Cinghia strette per i consumi natalizi: meno 10%


Ci siamo: sono diponibili i dati dei consumi degli italiani per questa prima tornata di festività. Il segno è un bel meno che denuncia una flessione nei consumi del 10%. I dati li ha raccolti Coldiretti che calcola in 2,7 miliardi di euro la spesa in consumi alimentari per le feste.
con la flessione che si è fatta sentire sul cenone, sui prodotti made in Italy e sulle vacanze trasformate in week-end; e 9 italiani su 10 hanno festeggiato in casa. Gli italiani, comunque, hanno preferito i prodotti tipici della tradizione italiana meno costosi delle varie "delikatessen". Coldiretti stima che 900 milioni di euro sono stati spesi nell'acquisto di carne e pesce, 500 milioni per primi piatti e condimenti, 300 milioni per vini, spumanti, salumi e formaggi e infine 200 milioni per frutta fresca o secca. E nonostante Federconsumatori abbia denunciato un rincaro ingustificato del 12 % sui prezzi di pandoro e panettone, la spesa per i dolci natalizi ha toccato i 500 milioni di euro.